30 giugno 2010

Il partito dei padroni di Filippo Astone

Il partito dei padroni. Come Confindustria e la casta economica comandano in Italia.

Più di cinquanta anni fa, Ernesto rossi scriveva sul Mondo:

"Io non me la sono mai presa con gli industriali perché guadagnavano facendo il loro mestiere. Me la prendo con gli industriali che, finanziando i giornali, le campagne elettorali, i partiti, ricattando il governo con la minaccia dei licenziamenti, mantenendo uomini di loro fiducia nei gangli più vitali dei ministeri economici [..] riescono a continuare nel comodo sistema della privatizzazione dei profitti e della nazionalizzazione delle perdite".

Il partito dei padroni pag 352

Queste parole, alla chiusura del libro inchiesta di Filippo Astone, sono state scritte quando ancora l'Italia andava in giro in 500, governava la Democrazia Cristiana, il muro di Berlino era ancora in piedi ..
Eppure a rileggerle sembra che siano state scritte oggi.
Forse perchè mentre il mondo è cambiato, parte del paese è cambiato, la classe imprenditoriale, la classe dirigente, ancora in parte incarna quei vizi di cui Ernesto Rossi parla. Specie se prendiamo le grande aziende italiane, quelle a partecipazione statale, di cui ne aveva già parlato Gianni Dragoni e Giorgio Meletti nel libro "La paga dei padroni".
Patti di sindacato, catene lunghe, laute stock option decide dai vertici aziendali slegate dall'andamento dell'impresa, manager che vengono scelti per la loro fedeltà e non per le loro capacità.
Insomma, mentre si sente sempre più spesso ripetere che i lavoratori italiani devono essere flessibili, rinunciare a qualche diritto (l'odiato articolo 18, ma anche il diritto allo sciopero, ad uno stipendio dignitoso a prescindere, alla salute etc etc), mettersi in gioco col mondo globalizzato, si scopre poi, leggendo le cronache , che poi le nostre aziende sono le prime a non voler fare impresa, intesa come rischiare il proprio per inseguire un sogno, un progetto.

L'inchiesta di Astone allora, è importante per conoscere meglio cosa è Confindustria, come è strutturata (in ambito nazionale e in ambito locale), quali sono le sue proposte e quali di queste sono state sposate dalla politica, in particolar modo dall'attuale maggioranza di governo.

Si scopre così che è una struttura elefantiaca, con regolamenti molto complessi specie per la nomina dei presidenti (non conta il meccanismo una testa un voto, ma la capacità di fare rete, di essere cooptato): l'autore la paragona al "partito comunista cinese", pieno di tanti piccoli e grandi "mandarini" (leggetevi il capitolo "la mappa del potere in Confindustria").

Predica contro la politica politicante, ma è il più vecchio e il più influente partito italiano, 142.000 iscritti che danno lavoro a 4,9 milioni di persone, ramificato come nessun altro sul territorio. Predica contro la burocrazia, ma si avvale di un apparato faraonico di 4.000 dipendenti, paragonabile per dimensioni soltanto a quello che consente al ministero degli Esteri di operare nei cinque continenti. Predica contro gli sprechi, ma preleva ogni anno dalle tasche dei propri associati qualcosa come 506 milioni di euro, poco meno di 1.000 miliardi di lire, per tenere in piedi una sede romana, 18 strutture regionali, 102 provinciali, 21 federazioni di settore e 258 organizzazioni associate. Predica contro la casta, ma è un organismo piramidale, dominato dal nepotismo, che procede dal padre e dal figlio come lo Spirito Santo nel Credo. [dall'articolo su Il giornale]

Il programma dei padroni.
Altro capitolo importante, è quello dove si affronta il modello di lavoro, di Welfare, di impresa (media e piccola) che Confindustria ha in mente: questo è oggi estremamente importante, poichè stiamo assistendo ad una alleanza capitale-lavoro che l'autore fa risalire agli anni '20, '30, all'epoca del consenso mussoliniano. Da una parte persone che ritengono che il lavoro sia solo un costo (e il lavoro dunque una merce come le altre), dall'altra ministri e politici che fanno da sponda a queste richieste per consolidare il proprio consenso nei salotti buoni (dove sempre più spesso si decidono le sorti del paese).

I quattro punti fondamentali di questo programma sono così definiti: «Privatizzare qualunque cosa tranne (per ora) l'aria; abbassare drasticamente le imposte e pertanto la spesa pubblica; riformare radicalmente la contrattazione e il diritto al lavoro per ottenere la massima flessibilità e minori costi; adoperarsi per attuare le riforme indispensabili a un paese moderno» cioè burocrazia più efficiente, infrastrutture, incentivi a ricerca e sviluppo. Questo programma non cambia mai e le richieste ai governi di turno sono sempre le stesse. E, se guardiamo agli ultimi venti anni, ci accorgiamo che questo programma è stato pazientemente applicato con certosina precisione (anche se questo non basta ancora al "partito dei padroni") sia dai governi Berlusconi che da quelli del centrosinistra. [fonte Micromega]

E' un modello contro i giovani e il lavoro: un modello che tenderà ad aumentare sempre più la precarietà e, di riflesso, ad impoverire tutto il paese.
Meno stipendi, meno controbuti; meno contributi meno tasse (e meno tasse anche se aumenta l'evasione, l'utilizzo di paradisi fiscali e fondi neri, pratica in cui i "padroni" fanno spesso ricorso), meno risorse per i beni pubblici.

In questa inchiesta c'è spazio anche per aspetti positivi del mondo imprenditoriale: come gli industriali che in Sicilia hanno detto no alla mafia, perchè han capito che così si rubavano risorse da investire nelle imprese.
Mi riferisco a Ivan Lo Bello, Antonello Montante, Marco Venturi e Giuseppe Catanzaro, che hanno portato avanti una rivoluzione copernicana (la cacciata da Confindustria delle imprese che pagano il pizzo), che non è solo una questione di facciata.
Questa è una delle belle novità introdotte dalla gestione Marcegaglia: non è molto positivo il ritratto che Astone ne fa nel libro. Una scommessa mancata: anche per la crisi, era il momento di portare nelle imprese italiane quella ventata di novità e riforme che ci si aspettava.
«Nei primi due anni della sua presidenza Emma Marcegaglia avrebbe potuto lavorare per una stagione di grandi riforme. In direzione di un new deal di vera concorrenza, autentico e sano liberismo, nuove regole che dessero una boccata d’ossigeno alle piccole e medie imprese e ai loro dipendenti, un mercato del lavoro più equo. In altre parole: il combustibile necessario per far ripartire un’Italia in declino economico e industriale, e mostrare qualche segno di speranza alle generazioni future», scrive il giornalista.
Che amaramente conclude: «Ma non lo ha fatto. Ha preferito ritagliarsi un ruolo da tranquillo amministratore di un condominio che dovrebbe essere ristrutturato completamente. Ma che per ora, a suo dire, può tirare avanti così, con un lavoretto qua e un puntello là»

Non solo si è preferito navigare a vista, ma si è anche fatto gioco di sponda col governo, specie nel caso Alitalia, un brutto esempio contrario alle logiche di mercato (tanto invocate quando si parla degli stipendi degli altri), di liberalizzazione, in pieno conflitto di interessi (aziende concessionarie dello stato, che entravano nella cordata per aver poi favori dal governo), dove il pubblico pagherà per anni i debiti pregressi di Alitalia.
Un capitolo è dedicato alle Piccole Medie imprese, nel loro conflitto contro le grandi: le pmi riunite attorno a Confapi (rivale della medesima struttura dentro Confindustria), che hanno necessità e priorità diverse dalle seconde.

Il libro termina con due capitoli : il primo dedicato a Luca Cordero di Montezemolo. Cosa ha in testa Montezemolo? Cosa vuol realizzare con la sua findazione Italia futura?

Dove vuol arrivare Montezemolo?
«Vuol fare politica, ma la farà solo da vincente. Per ora ha messo sul tavolo da gioco una fiche, che è la Fondazione Italia Futura. Certo fa sorridere leggere quello che ha scritto sul suo sito: “Siamo una nazione che troppo spesso tende a cedere alla leggenda consolatoria secondo cui tutti rubano alla stessa maniera. Non è così e lo sappiamo bene”. Sta parlando un manager che fu cacciato dalla Fiat perché accettava denaro ogni volta che presentava il finanziere Gianfranco Maiocco a uno dei grandi capi del gruppo torinese e che davanti al giudice Gian Giacomo Sandrelli si giustificò dicendo: “Ero giovane e ingenuo”».
Ma per fare politica serve un partito.
«Montezemolo può contare su un parterre di amici che vanno da Diego Della Valle a Luigi Abete. Intanto traffica col Grande centro. Non dimentichiamo che quando stava in Confindustria i suoi interlocutori erano Gianfranco Fini, Pier Ferdinando Casini e Francesco Rutelli. Abete è vicinissimo a Rutelli. Caso da manuale, quello dei fratelli Abete, due dei 2.000 imprenditori che vivono a tempo pieno in Confindustria. Con una tipografia che fattura appena 80 milioni di euro, dagli anni Settanta riescono a controllare l’Unione degli industriali di Roma. Si trasmettono le cariche di generazione in generazione. C’era Mariano Rumor presidente del Consiglio quando comandava il loro padre, Antonio». [l'intervista a Il giornale]

L'ultimo, da leggere con la dovuta calma, è una lunga carrellata sugli episodi da "casta": la casta di lorsignori si intitola.
C'è ne per tutti: da Tronchetti Provera, alla famiglia Ligresti, al caso Fastweb di Silvio Scaglia (come far pagare agli azionisti e al pubblico e arricchire il privato). Un brutto episodio con risvolti penali, che illumina il lato oscuro del capitalismo italiano.

«All'inizio ci siamo chiesti se, e in quale misura, i protagonisti del capitalismo nostrano abbiano corresponsabilità nella deriva italiana. A partire da una domanda: ma Marco Tronchetti Provera, Emma Marcegaglia, Luca Cordero di Montezemolo sono poi così diversi da Antonio Bassolino, Rossa Russo Jervolino e Mara Carfagna? Alla fine del viaggio la risposta è no». Le similitudini posso essere ampliate ma la sostanza è quella: una classe dirigente dedita a bacchettare tutto e tutti, a dispensare consigli all'universo mondo, si è arricchita grazie a quello Stato che vuole abbattere e grazie a sacrifici enormi di lavoratori e lavoratrici. Eppure è ancora lì, intoccabile, impunita che si erge a grande moralizzatrice, foraggiata e sostenuta dal cuore dell'ideologia berlusconiana che vuole l'imprenditoria come modello sociale di riferimento contro la politica parassitaria. Un modello che ha plasmato la società italiana e che costituisce oggi forse il vero lascito degli ultimi venti anni. [l'articolo dedicato al libro su Micromega]

Il link per ordinare il libro su ibs.
Technorati:

Il giornalismo secondo libero


Un colpo alla sentenza di condanna a Dell'Utri (o lo condannano per tutto o lo assolvono, secondo loro).
La libertà di stampa? Troppa.
Un articolo del senatore Farina (giornalista radiato).
Un attacchino a Travaglio (il beccamorto).

Un colpetto alla Veronica (ingrata), che gli ha pure chiesto soldi, come un Favata qualunque.

Eccolo qua, il giornalismo libero.

La versione di Canterini

Vincenzo Canterini, dirigente di polizia ed ex comandante del VII Reparto mobile impiegato a Genova durante il G8, nell'intervista a Corradino Mineo ha dato la sua versione dei fatti, riferendosi all'irruzione alla Diaz.

"Fu una spedizione punitiva", per dare un segnale alla gente: "li abbiamo presi tutti", ovvero coloro che avevano messo a ferro e fuoco la città.
Chi sono stati i responsabili? Canterini da la colpa alla confusione di quel momento, per la presenza di troppi dirigenti senza un'unica regia (un solo questore a dare gli ordini).
Altri poliziotti sono entrati nella scuola (e si sono resi responsabili della macelleria messicana, della notte Argentina che ha infamato la divisa), non solo quelli del settimo.

Un pò poco, ma è un altro spiraglio che si apre.

Il mondo non è finito

Dopo la condanna di Marcello Dell'Utri a 7 anni, per concorso esterno con la mafia, c'è qualcuno nel PDL che ha tirato un sospiro di solievo (ma niente cannoli, alla Cuffaro). In fondo, il reato è stato condannato, ma fino al 1992. Dopo, la stagione che ha portato alle stragi, alla trattativa, a Forza Italia e alla Seconda Repubblica, nessun reato.
Cosa è successo? Si è redento? Ha visto la luce?

”Secondo me – ha affermato – la Corte ha deciso di dare un contentino a tutti o uno scontentino a tutti. La cosa piu’ grave l’hanno tolta, hanno lasciato la cosa meno grave, che pero’ francamente mi lascia molto perplesso, perche’ se io fossi stato referente di Cosa Nostra all’inizio, francamente non si capisce come mai Cosa Nostra mi avrebbe abbandonato quando invece sono diventato potente uomo politico e potevo esserle utile”.

Ma la condannato per concorso in mafia non è già sufficientemente grave?
Comunque sbagliavo. Il mondo non è finito: questa classe politica dimostra ancora una volta di non avere anticorpi per corregersi da sola.

A prescindere da quella che pensano nella maggioranza, da come viene data (o non data) la notizia sul TG1, "la mafia rimane una montagna di merda".

29 giugno 2010

Che sarà mai, è mafia

Libero: condannato, ma rimane sempre un bibliofilo.
Il giornale: L'importante è che il teorema Spatuzza sia stato smentito. Poi,la condanna, c'è tempo...
Repubblica Ci tiene a precisarlo nuovamente (tanto è stato assolto per il dopo '92): Mangano eroe!
Corriere: Se sette anni vi sembran pochi .. comunque sempre di condanna pilatesca si tratta.

Riassunto: Dell'Utri condannato ma solo per i fatti risalenti a prima del 1992. Assolto per il resto dei reati contestati (ricorda un pò Andreotti). Cosa sia successo dopo il 1992 al bibliofilo?
Nessuno degli articoli parla di dimissioni. Che sarà mai .. tanto questo non vogliono mica abolire il reato di "concorso esterno " (gli eredi di Falcone e Borsellino)?

Voce del verbo usticare

Usticare è il neologismo inventato dal (così si dice) esperto di politica internazionale Edward Luttwak, durante la trasmissione de La7 (Ustica, per colpa di chi), a proposito del lavoro fatto dalla magistratura italiana, nel cercare la verità senza accontentarsi delle false ipotesi, delle perizie senza riscontri che sposano una tesi senza poi motivarla nel concreto (la bomba, per esempio).
Qui il link per vedere la puntata.

Solo in Italia esisterebbe una magistratura che nno si beve la pista del cedimento strutturale, del pesce che consuma l'aereo, della bomba che scoppia senza distruggere la tavoletta del bagno su un aereo in ritardo ..
Mi chiedo quanta pazienda serva ai parenti delle vittime per sopportare anche questo.

La fine del mondo


"I giornali disinformano. I lettori dovrebbero scioperare per insegnare a chi scrive a non prenderli in giro"

Più tardi, il premier se l'è presa anche con "certi giudici", in particolare di Magistratura democratica, che rappresenterebbero, parole sue, "una metastasi del nostro sistema attuale"

Il fatto che lo stesso premier sia proprietario o controlli giornali o televisioni (in conflitto di interessi con i giornali che disinformano), che sia (stato) imputato in vari processi, non è puramente casuale.

Dopo Brancher (il ministro che non ricorda le deleghe), dopo lo stop alla legge Bavaglio, dopo la mezza marcia indietro sulla manovra, così urgente che ancora oggi si afferma e poi smentisce (sulle regioni), oggi un'altra giornata dura.

28 giugno 2010

Senza parole

Un ministro che minaccia la secessione "Noi siamo destinati a veder nascere la Padania, non c'è santo che tenga. La Padania sta a noi se farla in maniera pacifica o violenta: io preferisco la via pacifica, perché per l'altra via c'è sempre tempo a utilizzarla, ma ora bisogna portare a casa il più possibile in Parlamento"

Un senatore ex presidente di regione, cui è chiesta una richiesta di condanna per 10 anni.

Un altro senatore, cui è attesa la sentenza d'appello, sempre per mafia (il commento di wil).

Senza parole, semplicemente sono senza parole ...

Acqua in bocca di Andrea Camilleri e Carlo Lucarelli

Caro Salvo .. Cara Grazia, l'esperimento letterario ha finalmente visto la luce: i due grandi giallisti italiani hanno scritto assieme un (putroppo breve) noir a quatto mani che vede come protagonisti i loro personaggi, l'ispettrice bolognese Grazia Negro e il commissario di Vigata (il paese inventato della Sicilia più autentica) Salvo Montalbano.
Il problema della scrittura comune è stato risolto ricorrendo all'espediente della narrazione episitolare: la storia viene raccontata grazie ai pizzini, alle lettere ufficiali e ufficiose (consegnate a mano, dentro una confezione di cannoli, infilate sotto la porta) persino in codice.
Perchè trattasi di una “indagine non autorizzata” che parte da un cittadino vigatese trovato morto a Bologna, soffocato con un sacchetto di plastica in testa. Per terra, dei pesciolini rossi morti, in bocca, un esemplare di “Betta splendens”.
Abbastanza insolito, no? Ancora più misterioso è la scomparsa di alcuni particolari dell'autopsia, alcuni particolari che riguardano lo stato del cadavere , che incuriosiscono l'ispettice Negro, che chiede allora supporto, nonostante il divieto dei superiori, al noto (nel mondo dell'immaginazione) commissario siciliano.

Che ovviamente, trattandosi di un bell'enigma, non si tira indietro, e asseconda le richieste della collega.
Lo scambio di missive prosegue, con lo scambio di documenti ufficiali, notizie dei giornali, pizzini, informative e soprattutto, delle rispettive impressioni personali: scambio che porta ad una brutta storia (lo so, i casi di omicidi sono sempre brutte storie, ma alcune lo sono in particolar modo) che vede di mezzo una serial killer al soldo dello stato, una struttura particolare dei servizi (sempre loro, i servizi deviati, o servizi al servizio degli affari sporchi della politica). I due poliziotti dovranno decidere come muoversi per dare la caccia all'assassino, mettendo a rischio la propria vita.

Nel racconto trovano una particina Livia (ovviamente), Catarella, Mimì, e anche l'ispettore Coliandro (che come al solito si farà trovare nel posto giusto al momento sbagliato). Chissà, forse è l'inizio di una certa collaborazione tra i due poliziotti: chi può dirlo?

Dalla presentazione del libro sul sito di Minumum fax
“Cosa avrebbe fatto Salvo se fosse stato interpellato da Grazia?… Si sarebbero piaciuti?... Cosa avrebbero fatto se avessero avuto davanti un cadavere?”. Di Gennaro, l’editore, assiste alla creazione estemporanea dell’improvvisazione e decide: da questo incontro, prima o poi, dovremo tirar fuori un libro. Ma come?

Tra impegni editoriali nelle numerose serie che stanno scrivendo e impegni televisivi, i due scrittori non hanno proprio nessuna possibilità di incontrarsi, vivere spalla a spalla per un congruo periodo e scrivere un romanzo a quattro mani. A meno di catapultare entrambi su un’isola deserta. L’idea arriva allora come un’illuminazione sfogliando un libro del 1936 di Dennis Wheatley, Murder off Miami, un giallo in cui il delitto è raccontato utilizzando materiali di riporto, documenti della questura, foto, lettere. Un sistema caro a Camilleri, che lo ha adoperato in molti suoi romanzi. Il risultato è una sorta di corrispondenza a distanza, strettamente riservata, tra i due commissari di Polizia, un’indagine clandestina e parallela, che parte con la richiesta d’aiuto dell’Ispettore Capo Grazia Negri alla Questura di Vigata per la risoluzione di un caso molto intricato: un uomo, a Bologna, è affogato nella vasca dei pesciolini rossi.

Evidentemente tutto inizia come un gioco, ma pian piano si trasforma in una vera e propria sfida a tutto campo, intensa come una partita a scacchi giocata in campo neutro e che si conclude con una sparatoria da film poliziesco d’altri tempi tra gli stand di una fiera di paese, a Milano Marittima. Esperimento riuscito. Salvo Montalbano e Grazia Negro, come hanno ammesso più volte gli stessi autori, ormai vivono di vita propria e hanno smesso di accondiscendere alla volontà del regista delle loro storie, così come Eraldo Baldini e il commissario Coliandro, costretti a intervenire, giocoforza, nella narrazione con due cammei che da soli valgono il prezzo di copertina.

Il link per ordinare il libro su internetbookshop.
Un assaggio del libro sul sito di Minumum fax editore

Il re Lazzarone

Forse un caso (i palinsesti estivi sono imprevedibili ) o forse no: ieri mattina la Rai mandava in onda il bel film "Ferdinando I re di Napoli", su Ferdinando I Borbone, sulla sua corte, sulla sua concezione assolutistica di governo.
Il volersi dare arie da re che governa col consenso del popolo (consenso comprato con pacchi di pasta), il circondarsi di una corte piegata ai suoi voleri.
Una bella parodia del potere: da una parte 'o re Lazzarone, che per vincere la noia si traveste da popolano per andare a giocare a carte (come farà anche Monicelli per il Marchese del Grillo) e frequentare case di tolleranza, dall'altra l'anima satirica del popolo stesso, incarnata da Pulcinella, che esprime tutto il risentimento per il sovrano capace solo di occuparsi dei fatti suoi.

E io ti taglio la testa, dice Antonio De Filippo/Ferdinando a Pulcinella (il grande Edoardo De Filippo), nel finale, quando il re scopre chi è l'autore dei motivi che lo sbeffeggiano.
Tu poi tagliarmi la testa, ma il mio spirito resta qui, risponde Pulcinella.

Altri tempi, altri regnanti .. forse storicamente non è tutto corrispondete al vero, ma rimane una bella caricatura del potere per il potere.


Saldi d'estate

In periodo di crisi bisognerebbe puntare a sfruttare al massimo i nostri beni demaniali, anziché svederli ai privati, come potrebbe accadere col federalismo demaniale. E invece ..

... da ieri è disponibile una lista provvisoria che i governatori delle Regioni o i sindaci potranno cominciare a studiare per vedere se vi sono beni interessanti. Quelli finora «inventariati » valgono oltre 3 miliardi di euro, costituiti da 9 mila immobili, chilometri di spiagge, centinaia di miniere, fiumi e laghi (in questo caso solo in concessione). I pezzi più pregiati sono quelli storici come la Cittadella di Alessandria, il Palazzo dei Normanni a Palermo, la Rocca di Scandiano, il Castello di Vigevano. Da ieri si sono aggiunte altre perle come pezzi delle Dolomiti (Tofane, Monte Cristallo, la Croda del Becco a Cortina), alcuni vecchi immobili di Porta Portese, famosa ormai nel mondo per il celebre mercatino romano, la facoltà di Ingegneria della Sapienza e persino il Nuovo Cinema Sacher di Nanni Moretti, stimato 4 milioni e mezzo di euro.

Ci vuole il disordine per fare l'ordine

L'allegra scampagnata a Toronto si è conclusa senza un accordo preciso su banche e tasse.
Dopo il parziale fallimento del G8 dell'Aquila (troppo ristretto, si disse), anche questo G20 porta pochi risultati.
Da una parte l'Europa che, come la Germania, ha spostato la linea dei tagli della spesa. Dall'altra gli Stati Uniti che continuano la politica della spesa pubblica per incentivare la ripresa.
In mezzo l'Italia del vorrei ma non posso, nella classica posizione di moglie tedesca e amante americana (siamo nei giorni di Ustica e mi piace fare questa citazione).
Noi italiani possiamo solo fare promesse: promesse di investimenti per grandi (e a volte inutili opere). Promesse di tagli alla spesa, per contrastare sprechi.

Quanto verrà ascoltato l'allarme della Merkel sul pericolo della corruzione (la peggior minaccia alla ripresa), in Italia?

Ci crederà il mercato, alle nostre promesse?
Ieri superbonus su Il Fatto, faceva una brutta previsione: saranno i mercati a decidere le sorti della nostra economia.

"All’ossessione per il consenso e i sondaggi i politici europei stanno sostituendo la necessità di stringere i cordoni della borsa per non far infuriare gli investitori internazionali: ormai è chiaro che chi ha debiti alti non più padrone del proprio destino. Decidono gli investitori internazionali, che nel caso dell'Italia attenderanno con pazienza il maxiemendamento e decideranno se concederci uno o due anni di tregua. Oppure ci bocceranno, con tutte le conseguenze del caso. L’Italia già oggi paga sul suo debito un tasso che è mediamente un punto percentuale in più della Germania rispetto a quello che pagava nel 2009, un altro balzo in avanti del nostro rischio di credito potrebbe provocare, per usare le parole di Tremonti “il collasso”.
Ora toccherà a Berlusconi di ritorno dal G20 canadese decidere quale partita giocare: rinunciare alla popolarità e continuare a t a g l i a re la spesa pubblica oppure sfidare la fortuna sulla roulette russa dei mercati internazionali. Tremonti è in attesa della decisione finale.
Se la scelta dovesse cadere sul gioco d’azzardo, subito dopo potrebbe essere l’Europa a costringerci a misure veramente impopolari.
Che potrebbero forse essere attuate soltanto da un governo tecnico o di larghe intese, di cui l’attuale ministro dell’Economia Tremonti non potrà che far parte, per dare una garanzia ai mercati."

Persino Galli Della Loggia attacca la leadership del cavaliere sul Corriere.

Cosa succederà in Italia quando i mercati reclameranno il nostro debito, e ci chiederanno dei tagli ancora più dolorosi e incisivi di quelli attuali?
Cosa accadrà quando
finiranno i soldi della Cassa integrazione in deroga e le aziende saranno ancora in fase di "ripresina"?
O anche le aziende in agonia, le cui notizie sono scomparse (come i loro lavoratori):
Eutelia, Telecom, Termini imerese
Per non parlare del caos scuola, per le famiglie.

Dalle mie parti si dice che a volte ci vuole prima il disordine per fare l'ordine. E io temo sia il primo che il secondo.

27 giugno 2010

Il diavolo, i coperchi e le imprese

Il diavolo fa le pentole ma non i coperchi ..
Come in Italia si vuole fare il nucleare, ma nessuna impresa si presenta alla gara per i depositi delle scorie radioattive a Saluggia.

Eccoli qui, gli imprenditori. Quelli che invocano il nucleare, ma solo per costruire gli impianti (magari senza gara di appalto).
Quelli che, viva il rigore!, specie se si tratta di tagliare welfare, spesa pubblica, posti nella pubblica amministrazione.
Le piace proprio questa manovra...
"Io dico: se i saldi vengono mantenuti, è quello che serve al Paese adesso, in questa situazione internazionale".

Tagli per tutti, a cominciare dalla Germania. Non è un po' esagerato?
"Siamo a un bivio: il vecchio Continente cresce meno degli altri. Vincerà solo chi è competitivo. E' a questo che guarda la Germania quando sceglie di tagliare la spesa pubblica e investire in produttività. Sono d'accordo: dovremmo imitarli".

Solo che nelle misure italiane c'è poco o nulla per la crescita.
"Adesso siamo in emergenza e dunque va bene così. Quest'anno l'economia si espanderà dell'1,2% dopo un calo del Pil del 6,3% nell'ultimo biennio. Bisogna però che nella Finanziaria di settembre si guardi alla ricerca, all'innovazione e alle università".

Esalta l'austerità tedesca. Ma non crede che debbano esistere anche gli interessi collettivi?
"Sì, forse la Germania è un po' egoista. In momenti di crisi si è portati a pensare a se stessi. Anche gli Usa lo hanno fatto. Queste manovre spingono verso un modello che non è sbagliato se è vero che alla fine porterà ad una crescita sana e sostenibile".

Già, ma intanto il lavoro è spazzato via: 30 milioni di posti a rischio, secondo l'Fmi. E da noi, un giovane su tre è a spasso. Che fare?
"La disoccupazione aumenterà fino alla metà del 2011. Poi comincerà a scendere".

Converrà che chi rischia il posto non dorme sonni tranquilli.
"Converrà anche che è inutile tenere in piedi un lavoro finto. Per questo ci sono gli ammortizzatori".

Qual è la sua ricetta per creare nuovo lavoro?
"Liberalizzazioni, per cominciare".

L'articolo 41 della Costituzione a cui pensa Tremonti?
"Si faccia pure, se crede. Ma c'è altro che si può avviare da subito. Per esempio: meno burocrazia. Formazione. Investimenti in ricerca e università".

La Cgil è scesa in piazza per il lavoro dipendente. Sbaglia?
"Sbaglia sì. Il lavoro dipendente pubblico è il più tutelato. Guardiamo i numeri: Merkel taglia 50 mila dipendenti pubblici, gli altri partner riducono i salari della pubblica amministrazione e da noi? Da noi questi stipendi sono aumentati il doppio del privato".

In quelle buste paga, però, non si evade niente.
"Nella manovra però c'è qualcosa contro l'evasione, si sono ripresi i temi della tracciabilità. Certo, è ancora poco".

Lavoro significa meno diritti? Pensiamo a Pomigliano...
"Mi metto nei panni di Marchionne: come me, ha uno stabilimento che funziona benissimo in Polonia e lo vuole piazzare a Pomigliano dove c'è un assenteismo altissimo, false malattie, falsi invalidi, cose assurde, insomma. Lei lo farebbe un investimento così?".

E lei?
"Lo farei solo se ci fossero precise garanzie, come appunto chiede la Fiat".

E' un modello di relazioni sindacali esportabile?
"No. Vale solo per Pomigliano. Ed è giusto così".

Ma a Pomigliano non si era detto che era un modello?
E riguardo al lavoro pubblico: abbiamo o no gli stipendi più bassi d'Europa?
Gli investimenti in ricerca e università: con che soldi si faranno?
La ricetta delle liberalizzazioni: come quella sull'acqua? Che fanno schizzare le tariffe alle stelle?
In fine, gli ammortizzatori: mica si può continuare ad andare avanti con i soldi (pubblici, dalle nostre tasche) della Cassa integrazione. Come per la Fiat.

IH-870, do you read? 30 anni da Ustica

Ustica, la tragedia di Ustica, il teatrino di Ustica ..

Oggi, l'unica cosa che ancora non sappiamo è la bandierina dell'aereo che ha sganciato il missile.
Ma tutto il resto, è noto da anni (andate sul sito curato da Fabrizio Colarieti, stragi80). L'abbattimento di un aereo civile nei cieli del Tirreno, sul punto condor.
I depistaggi dei vertici dell'aeronautica militare: tracciati radar scomparsi, dati taroccati, tabulati forniti in ritardo ai magistrati (inizialmente mostravano solo la scia del T-Tigi e basta). Ufficiali e sottufficiali che quella sera erano davanti ai radar e che avevano visto, che poi han negato tutto.

Le telefonate tra le basi radar, il centro di Martina Franca, lo Stato Maggiore a Roma. Telefonate dove si parla di aerei che “razzolano”, di pollaccioni, della Saratoga, del Phantom che sarebbe caduto … “stai a vedere che quello adesso mette la freccia e sorpassa” .
E' tutti agli atti, già dalla sentenza ordinanza del giudice Priore (autore del libro col giornalista Fasanella).

Chiaro lo scenario di guerra, mostrato dal tabulato con i plot -17, -12 (che parlano di una classica manovra di attacco di un caccia col sole alle spalle).
Scenario di guerra, per la grave tensione internazionale che stva montando nel Mediterraneo.
Gli Stati Uniti alle prese con le presidenziali, con i Russi in Afghanistan, con lo scandalo Billygate. Gheddafi che, con la sua politica, che avevano suscitato le ire dei francesi (per l'appoggio alla guerra in Ciad e per lo scandalo dei diamanti di Bokassa) e degli americani stessi.
La Libia, nostro partner commerciale, cui avevamo stretti legami anche militari, alle prese con focolai di rivolta ai confini con l'Egitto.
Il ponte aereo dalla base di Cannon a Il Cairo, l'operazione Prod Phantom.
In mezzo l'Italia, con l'ambigua politica della moglie americana e dell'amante libica.

Fino a quando continueranno i depistaggi, la disinformazione, la scarsa volontà di trovare i responsabili?
Il presidente Napolitano chiede di far luce sui misteri (oggi, alla ricorrenza della tragedia), eppure il servizio del TG1 non citava nulla della strage. Le solite parole di circostanza.
E le solite bugie: a credere alla pista della bomba sono rimasti Giovanardi e Guzzanti (sr.), i magistrati non l'hanno nemmeno voluta prendere in considerazione.

Tocca ora alla politica darsi da fare, dimostrare di avere veramente intenzione di stabilire cosa successe quella sera nei cieli che erano sotto la nostra tutela.
Senza continuare a tirare in ballo una ormai sbadita e insignificante ragione di stato, che suona sempre più come scusante delle debolezze di uno stato che non ha protetto quelle 81 persone nella notte del 27 giugno 1980.

Alcune riflessioni: ora che le sentenze della magistratura hanno scagionato i generali, qualcuno dei politici di allora inizia a parlare.
Cossiga e il missile francese.
Rino Formica (ex ministro della difesa): "Ustica, un missile sull’aereo Me lo disse subito un generale".

E poi chiediamoci perchè siamo il paese dei misteri.

L'ultimo valzer delle candele

La vicenda di Pomigliano racconta dell'esperimento, portato avanti dall'amministratore della Fiat (col beneplacito dei vertici di Confindustria) e da parte del governo (ma anche l'opposizione non ha disprezzato il ricatto), di forzare la mano sui temi della contrattazione aziendale, verso un livellamento al ribasso di diritti, tutele, rivendicazioni.
La solita favola della sfida che il sindacato non vuole accettare, raccontata da imprenditori abituati a vivere grazie a monopoli, sovvenzioni, incentivi, conflitti di interesse, aziende ereditate.

Per il momento questo tentativo non è riuscito, ma non è detta l'ultima parola. La Fiat sarà costretta a svelare il bluff (e rimanere in Polonia) e il governo farà temporaneamente marcia indietro sulle modifiche alla Costituzione.
Ma la storia di Pomigliano non ci deve far dimenticare i milioni di lavoratori precari per cui le stesse regole che si voleva imporre in Campania sono quasi un miraggio. Persone, per lo più giovani o eternamente giovani, senza diritti allo sciopero, con stipendi da fame, col ricatto del rinnovo del contratto....
Co.co.co., co.co.pro., finte partite IVA, veri e propri casi di lavoro nero.

Per loro, niente referendum.
Ecco, proprio mettendo assieme quanto successo in questa settimana, si evidenzia la frattura del paese: da una parte quelli al di là dello Stige, dall'altra quelli del palazzo.
Da una parte un (neo)ministro nominato tale per sfuggire alla giustizia (su proposta del presidente del Consiglio, ma la firma l'ha messa Napolitano).
Da una parte sindaci e governatori che denunciano l'impossibilità di erogare i servizi (certo, ci sono di mezzo anche i governatori delle regioni virtuose solo a parole), dall'altra ministeri, ministri e sottosegretari che sforano il budget per le loro spese. Quali?

La Carfagna aveva un budget di 1.475.145 euro, ne ha spesi 7.257.106 euro (+392%)
Brunetta aveva 737.352, ne ha spesi 5.829.151 euro (+690%)
Brambilla aveva 642.960 euro, ne ha spesi 15.535.013 euro (+2.136%).

Palazzo Chigi doveva spendere inizialmente 360 milioni, alla fine sono diventati 615 milioni. In totale, il bilancio della presidenza del Consiglio è stato sforato di 1,5 miliardi.

Consiglieri regionali in Campania (Roberto Conte), condannati ma con uno stipendio dallo stato.

E infine il valzer delle poltrone, altrimento noto come gioco delle tre carte.
Cardia dalla Consob (quella che non ha visto i casi Parmalat, Cirio, Telecom, Alitalia) alla presidenza delle Ferrovie delo Stato.
Masi, dalla Rai all'Antitrust (notare come l'authrity abbia sanzionato proprio la Rai, per lo squilibrio dell'informazione).
Innocenzi, sotto inchiesta a Trani, lascia l'AGCom, ma troverà una cadrega pronta (il carrozzone statale Sviluppo Italia).
Non poteva mancare l'ennesima nomina in barba al conflitto di interessi: Mario Resca direttore dei musei italiani. Resca è consigliere di Mondadori, che lavora proprio con i musei.

Una domanda sorge spontanea: gli industriali italiani, quelli che chiedono le sfide agli operai, che chiedono il merito e la meritocrazia, perchè non hanno ancora protestato? Se su una poltrona siede una persona solo per la sua fedeltà politica, dovrebbe essere un problema anche per loro? O sbaglio?
Alcuni economisti hanno calcolato i danni alla nostra economia, dopo la sconfitta della nazionale: ci costerà 1 punto percentuale del PIL. Pure questo ci tocca ..

Questo modello non lo possiamo più sopportare: un modello gerontocratico, oligarchico, che arricchisce sempre più i pochi e affama i molti (specie i giovani senza lavoro, senza paracadute per la perdita del lavoro).

Pare che al G8-20 di Toronto il premier si sia portato dietro (non si sa a che titolo) un'impiegata della regione Lazio. La dama bianca, l'hanno subito battezzata i giornali.
Perchè lui i giovani li vuole veramente aiutare, fargli fare esperienza: specie se sono bionde, belle e desiderose di fare esperienze.

25 giugno 2010

1 milione contro la manovra


Mentre i leader si ritrovano al G20 per affrontare un'altra volta la crisi (e magari trovare un'intesa su crescita economica, le regole della finanza, l'ambiente, l'energia, la lotta alla proliferazione nucleare e al terrorismo), 1 milione (stima della CGIL) o poche migliaia (stime di Verdini) di italiani hanno manifestato contro questa manovra.

Manovra che sembra andar bene solo alla grande industria: tagli, deregulation, stop alle contrattazioni nazionali (vedi Pomigliano).
Meno a regioni e comuni.

Proprio nel giorni in cui si festeggiano i 100 anni di Alfa Romeo, ma senza gli operai a rovinar la festa.

Susanna Camusso ha fatto un duro attacco al Governo e al suo atteggiamento nei confronti della Fiat. «Vorremmo un paese - ha detto tra gli applausi della piazza - in cui il Governo non fosse silenzioso e ininfluente di fronte alla più grande fabbrica di auto del paese.

Vorremmo un Governo che non fosse stato zitto di fronte a tre piani della Fiat, che noi abbiamo contrastato fino a quando la Fiat non ha fatto un piano che prevedeva la crescita della produzione. Vorremmo ricordare agli urlatori della modernità e delle svolte epocali - ha rincarato Camusso - che, se fosse stato per loro, nel Mezzogiorno non ci sarebbero più stabilimenti della Fiat. Se fosse stato per loro la produzione di questo paese sarebbe stata ridotta. E proprio per questo, perchè sono stati silenziosi e ininfluenti, perchè non hanno saputo usare la politica industriale, perchè hanno sempre pensato che lavoro e crescita non fossero un loro problema, vorremmo che stessero zitti», ha gridato sostenuta dagli applausi del popolo della Cgil.
«Vorremmo che non urlassero al trionfo quando si vogliono cancellare i diritti dei lavoratori - ha sottolineato - perchè a chi ignora la fatica del lavoro, a chi non sa che un paese moderno non mette mai in alternativa il lavoro e i diritti, ricordiamo che un paese moderno pensa che il lavoro ha i diritti. Perchè lo dice la nostra Costituzione, lo Statuto dei lavoratori, lo dice l'idea di civiltà».

Colpo di stato


Annullare le elezioni e tornare al voto in Piemonte sarebbe "pazzesco", un "vero e proprio colpo di stato". Il presidente del Piemonte Roberto Cota, intervistato dal Giornale

Nel 2006, il presunto colpo di stato, sui presunti brogli, lo invocava il cavaliere:

Ci sono stati, è l'esordio, "tanti brogli: sono fiducioso, il risultato deve cambiare...". Brogli "unidirezionali, assolutamente unidirezionali", aggiunge e sottolinea di "averne parlato con il capo dello Stato".

"Il risultato deve cambiare perché ci sono brogli a non finire in diversi posti, in tutta Italia e questo emerge da cose precise"


E se il leghista Roberto Calderoli parla di "brogli già noti", dalla Lega Nord arriva la richiesta di chiarimenti immediati al governo. "Il governo riferisca con urgenza al Senato dove si sorregge sui voti dei senatori eletti all'estero" ha detto il senatore della Lega Nord Piergiorgio Stiffoni. Che si chiede se non sia il caso di fare piena luce, oppure "si deve sopportare tutto. Anche gli imbrogli più eclatanti, come quello denunciato oggi circa i risultati delle elezioni in Australia".